Sardara: Pozzo Sacro Nuragico di Santa Anastasia (Tra Preistoria E Leggenda)

Era una sera calda ed afosa quando mia madre mi mandò a prendere un po’ di acqua dalla sorgente. Mi diede una grossa brocca e mi disse di riempirla delicatamente, stando attenta a non sprecarne neppure un goccio: per noi quella sorgente era sacra così come il fluido che da essa sgorgava copioso. Era sempre fresca quell’acqua, a qualsiasi ora e in qualsiasi periodo dell’anno io vi andassi. Il sole, oramai stanco, stava quasi per nascondersi per lasciar spazio alle tenebre, quando un lamento che proveniva dalla sorgente mi fece affrettare il passo.

A mano a mano che mi avvicinavo riuscivo ad udire le parole che, miste al pianto, mi fecero spaventare:
-“Ajuade·mi, non poto pius addescare a custa criaduredda, non apo pius nudda de li dare. No mi falat pius late e est famida: ajua·de·mi.
(Aiutatemi, non posso più nutrire la mia creatura, non ho più latte, ed è affamata: aiutatemi)
Quell’immagine sfocata che da lontano riuscivo a malapena a scorgere, mentre mi avvicinavo, diventava sempre più nitida.
“No !!!” Esclamai … ” Ma è Altea, la giovane moglie di Laru.” Altea veniva da un paese lontano; conobbe Laru, l’arciere, con cui si unì per creare una nuova famiglia. Ebbe un figlio, una luna fa. Ed ora me la ritrovo qui, in lacrime. Altea teneva il bimbo tra le braccia, e lo cullava dolcemente, mentre il suo canto, di dolore e disperazione, riecheggiava in quelle basse colline che incorniciavano il nostro villaggio.
Con tatto e delicatezza mi avvicinai e chiesi:
-“Altea, ite b’at sutzessu? Ite est custu tùnciu chensciosu e disiperadu? “.
(Altea che è successo? Perchè questo lamento disperato?)
La giovane donna, con il viso rigato dalle lacrime, mi mostra il piccolo bimbo che teneva tra le braccia e mi dice:
-“Non apo late, so sica e custa criadura si mi ch’est morzende, non b’at àteras mamas chin criaduras minoreddas, niune mi podet ajuare. In biddighedda nostra minoredda bi so deo ebbia chin una criadura naschidolza
(Non ho più latte, questa creatura morirà, non ci sono altre mamme con piccoli bimbi che potrebbero darmi una mano. In questo nostro piccolo villaggio ci sono solo io che ho un bimbo da allattare).
Le dissi:
-“Ma Altea, no ti disiperes, s’abba de custu logu t’at a fàghere a torrare su late.
(Altea, non disperarti, quest’acqua ti aiuterà a riavere il latte) Presi la brocca e la avvicinai alla sorgente, riempii questa per un po’, poi sollevai la brocca al cielo e chiesi agli spiriti delle anime buone di darmi una mano, tramite l’acqua, per aiutare questa donna. Accostai la brocca vicino ad Altea, versai una piccola quantità d’acqua sul capo affinchè investisse tutto il suo corpo ed anche quello del piccolo, dicendole:
-“Como torras a in domo tua, non nelzas nudda a niune. As a bìdere chi istanotte e totu fitzu toi at a torrare a s’isgeunare“.
(Ora rientra alla tua casa, non dir nulla a nessuno. Vedrai che stanotte stesso, tuo figlio si sazierà del tuo latte.)
Altea mi guardò fissa ed annuì, strinse a sè il piccolo e si diresse verso la sua casa. Io, riempii la mia brocca e feci ritorno a casa. Il mattino seguente, di buon ora, fui svegliata da un gran chiacchiericcio. Mia madre colloquiava con Altea e Laru, ma non solo, di lì a poco tutto il paese si avvicinò alla mia domus. Mi unii anch’io per capire che cosa fosse quel gran brusio. Laru e Altea chiedevano il parere di tutti noi per costruire un tempio all’acqua sacra della sorgente di Sa Mitzixedda. Tutti furono d’accordo. Laru era un grande arciere e un gran maestro d’armi; molto noto in tutti i villaggi della zona, rispettato e onorato da moltissime persone, non gli fu difficile far venire, nel nostro piccolo villaggio, i migliori costruttori nuragici. E così fu. Iniziarono i lavori per portare l’acqua dalla sorgente al centro del nostro villaggio per poi costruire un tempio. A fine dei lavori il tempio risultò magnifico, non credo che ci fosse un’altra costruzione nuragica altrettanto strabiliante in tutta la terra conosciuta. Ed io? Che ruolo ho in questa storia? Su insistenza dei giovani sposi, Altea e Laru, divenni la prima sacerdotessa del nuovo tempio dell’acqua. Ricevetti in dono da Altea, come riconoscimento per il miracolo del latte, uno scarabeo che portavo sempre come me con inciso il simbolo taurino. Decine e decine di persone giungevano da ogni dove per l’acqua sacra che, con il trascorrere dei secoli, prenderà il nome di “Funtana de is Dolus” (fontana dei dolori). Era un’acqua miracolosa, dicevano. Io ancora non so se sia stata l’acqua ad avere una natura miracolosa o la convinzione degli umani che pensavano che l’acqua fosse sacra e quindi miracolosa. Passai tutta la mia vita tra i conci di quel pozzo. Vi fui persino sepolta. Dicono, che io da quel pozzo, non mi sia mai allontanata! Perchè quando una è sacerdotessa lo è a vita. Non lo confermo e tantomeno lo nego, ma certuni ancora mi vedono passare leggiadra tra un masso e l’altro del pozzo sacro. Perchè le anime buone non muiono mai ed io lo fui.
Non so se anche Antonio Taramelli sia stata un’anima buona ma certo è che con il suo scavare e catalogare i momunenti sardi gli ha dato, in un certo senso, l’immortalità.
Taramelli inizia gli scavi presso il pozzo di Sardara nel 1913. Risalente al XIII- XII secolo a.C., il pozzo è stato realizzato in blocchi di basalto ed è uno dei meglio conservati e dei più antichi tra i pozzi nuragici. Consta di una scala con 12 gradini, utile per accedere alla camera ipogeica circolare, con, contrapposta, una bella scala rovesciata. Gli scavi hanno riportato alla luce numerosi ed importanti reperti bronzei e ceramici.
Furono scoperti poi altri 3 pozzi, uno è all’interno della chiesetta bizantina. Ci sono una serie di canali per “giochi d’acqua” che, al periodo nuragico, dovevano dare vita, come immagine spettacolare, a delle vere e proprie fontane. Se capitate dalle parti di Sardara, fateci un salto, vi immergerete nella preistoria più profonda e ne ammirerete la raffinata eleganza nel pozzo, delle capanne e in tutto ciò che quell’area sacra offre e perchè no … magari riuscirete a vedermi … mentre saltello tra un concio e l’altro … beh … altrimenti che immortale sarei!

Testo Piera Farina-Sechi  – All Rights Reserved © 2017
Foto Bruno Sini/ Piera Farina-Sechi  – All Rights Reserved © 2017

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