Sedilo: Il misterioso BETILO di Santu Antinu

Quando andai per la prima volta al Santuario di San Costantino fu qualche giorno dopo l’Ardia. Immersa in un silenzio quasi assordante, mi sono seduta su dei gradini in pietra ad osservare e a sentire ciò che la mia percezione mi dettava. Alla mia destra vedevo una chiesa, più avanti una croce che svettava in mezzo ad una piccola piazza; davanti a me un circolo di conci con al centro un betile. Osservando bene il betile, mi è venuto subito da fantasticare sulla sua originalissima foggia. E, poichè, quando vado a vedere un “nuovo” monumento io, non mi documento prima, esclamai “wow, rarissimo betile con un foro ed una sola mammella! Uomo e donna in un unico concio! Mi alzai ed iniziai a girovagare per il sito, notai per terra le impronte degli zoccoli dei cavalli e qualche bossolo di cartuccia, segni della festa appena conclusasi. La chiesa, che era aperta, traboccava di fede e devozione, ma non solo lei, tutto il terreno circostante. Pensai: “qui la fede e la devozione ha messo radici in tempi molto remoti, data la presenza del betile, di alcuni conci, decisamente di foggia nuragica, e altri di periodo romano e via discorrendo, sino ad arrivare ai giorni nostri”

Chiesi ad un signore, che si trovava nei pressi, se sapesse qualcosa del betile e mi disse ” No, il betile non è di Sedilo, viene da un paese qui a due passi!” La risposta non mi convinceva. Una volta a casa mi misi a fare delle ricerche e finalmente ora so, ma c’è talmente tanto da scrivere su questo santuario che sinceramente non saprei da cosa iniziare. Il Santuario è dedicato a San Costantino (Santu Antinu) La leggenda narra che un uomo di Scano Montiferro, un certo Don Giommaria Ledda, durante la sua prigionia ad opera dei mori a Costantinopoli si vide in sogno Santu Antinu (San Costantino) il quale chiese di costruire una chiesa sul Monte Iseo a Sedilo, in cambio avrebbe avuto la libertà. Il mattino seguente i mori lo liberarono. Meravigliato di questa improvvisa libertà, tornò a casa. Una delle prime cose che fece era quella di recarsi a Sedilo, per cercare il monte Iseo. Una volta trovato iniziò i lavori di costruzione della chiesa. Purtroppo terminò presto i soldi e dovette far rientro in paese. Sulla strada trovò un signore che gli regalò dei danari ed un anello (sicuramente era San Costantino che si era materializzato). Riuscì, così, a portare a termine la chiesa. La data della festa fu fissata per il 7 luglio, stessa data della visione onirica dove Don Ledda vide in sogno il santo. Don Giommaria amministrò il santuario sino a che rimase in vita. Ogni anno portava la bandiera (dove cucì l’anello-sigillo donatogli dal santo) assieme al clero scanese e alla confraternita di Santa Croce. La festa venne organizzata a modo che le due comunità, scanesi e sedilesi, si alternassero. Vicendevolmente un anno l’una e un anno l’altra. Questo sino al 6 luglio 1806, anno che viene ricordato come l’anno della lite (s’annu de sa briga) Il rettore di Sedilo di allora, dottor Pietro Paolo Massidda, proibì agli scanesi di occuparsi dell’organizzazione dell’ Ardia di San Costantino. La lite tra le due comunità, scanesi e sedilesi, fu furibonda, al tal punto che gli scanesi si ritirarono. La chiesa pare sorga dove prima c’era un pozzo sacro nuragico e vi era presente anche una tomba dei giganti. Alcuni conci, sono ancora visibili di fronte al sagrato ed il betile è un monile venerato lì, quindi è di Sedilo. Sicuramente un tempo era disposto davanti alla tomba dei giganti (e non era l’unico, di sicuro). Ricapitoliamo, chiesa cristiana, Santu Antinu (santo della chiesa greco-ortodossa), i conci romani, pietre della tomba dei giganti ed il betile nuragico il tutto mi fa pensare anche ad un insediamento prenunargico. Ma andiamo a capire qualcosa di più del betilo. Secondo Taramelli al betilo, nella parte cava, si doveva aggiungere una mammella posticcia; per non si sa quale rito; questa mammella la si toglieva o rimetteva in base alle esigenze. Mentre l’illustre studioso Lilliu, nel 1978, dimostrò che il foro era stato scavato in un secondo momento, e che il betilo era, in origine, simile a quelli di Tamuli (Sepolcri dei nostri antenati di Stefano Bagella) Aggiunse anche che il betilo fu ritrovato in chiesa e che lo stesso clero lo mutilò poichè rappresentava un essere femminile a seno nudo, quindi non presentabile in chiesa, dato che fu usato come base di supporto per una mensola (?) Ma nella realtà risulta evidente che così non è: il betilo è stato concepito per avere una sola mammella ed una conca (coppella). Un esame “anatomico” del betilo di Sedilo rivela chiaramente il disegno, l’intenzionalità della realizzazione da parte del bravissimo e antichissimo scultore, di raffigurare nel betilo le due mammelle, una in “positivo” e l’altra in “negativo” o, per meglio dire, capovolto e rovesciato (introflesso). La mammella introflessa non è stata nè spezzata nè scalpellata ed asportata; infatti, alla sua base, c’è una sorta di orlo, un cercine che la delimita, quasi fosse un vaso, un provvidenziale “recipiente nutritivo” della – dico io – affascinante, misteriosa DEA MADRE. Questo è quanto afferma l’archeologo Giacobbe Manca, teoria che io abbraccio, aggiungendo che esso può rappresentare l’uomo, la donna, la procreazione, la vita tutt’assieme in una straordinaria opera che, ancor oggi affascina grazie al suo intrigante mistero. Santu Antinu, la chiesa, i conci, l’ardia, il betilo, tutto ciò vi attende in questo affascinante sito che ha visto arrivare (“acudire” in sardo) migliaia di pellegrini di diversi periodi storici e di diverse religioni, dal tempo prenuragico sino ai giorni nostri; ora tocca a voi … Sedilo vi attende in tutta la sua enigmatica essenza.

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Ittiri: Cromlech di Sa Figu

Posto sull’ altopiano di Coros, a circa 450 metri s.l.d.m., il Recinto Megalitico è un qualcosa di indescrivibile, sia per ciò che poteva rappresentare nel passato che per la sua straordinaria bellezza e posizione dominante. Esso è composto da 10 megaliti di forma parallelepipede, posti uno accanto all’altro (un undicesimo lo troviamo al centro), formando, così disposti, un semicerchio di circa 10 metri. Alcuni frammenti di ceramica trovati sul sito sono attribuibili al periodo della Cultura di Monte Claro, quindi dell’eneolitico. Il monumento è unico nel suo genere e se vi capita di andarci lo capirete da soli. Ma…cos’era? A che serviva? Una delle teorie più affascinanti è quella dell’archeologo Giacobbe Manca: da Wikipedia “Giacobbe Manca interpreta il monumento come torre del silenzio, ossia, luogo per la scarnificazione dei cadaveri, che venivano esposti alla voracità degli avvoltoi, appartenente al mondo funerario di un’epoca molto antica (dal neolitico antico in poi), come documentato nella città neolitica di Çatal Hüyük nell’attuale Turchia. Queste pratiche sono tuttavia ancora in uso, presso il popolo dei Parsi, stanziati in Iran ed in India”

Va detto, tuttavia, che dell’uso dei Cromlech (circoli di pietra) si sa ben poco. Il Cromlech Megalitico, in genere, è composto da massi di notevoli dimensioni posti a cerchio o ad anfiteatro, per dare maggiore visibilità, dato che spesso si svolgevano delle cerimonie alle quali partecipava tutta la popolazione. Diversi studiosi ammettono che si tratti di pietre sacrificali, ovvero era il luogo dove i corpi delle vittime sacrificate venivano appese ai massi. Altri invece sostengono si tratti di pietre funerarie, quindi pietre tombali. I defunti venivano appesi e lasciati scarnificare. Qui a “Sa Figu” sono rimasti 5 massi di notevoli dimensioni (ed altri più piccoli) posti a cerchio, uno è al centro, mentre un settimo è precipitato verso il basso. Credo che ce ne sia un ottavo sotto, lungo la stradina che porta alla chiesa di S. Giacomo. Il Circolo Megalitico di Ittiri è collocato su di un altopiano sull’orlo di un precipizio, da dove si gode di un panorama mozzafiato. Gli scavi del 2003, condotti da Paolo Melis, hanno portato alla luce pochissimi reperti di materiale ceramico. Dal quel poco che si è rinvenuto, si può, a detta degli esperti, dare una datazione del Cromlech. Il materiale più antico ritrovato appartiene alla Cultura di Monte Claro, quindi si presuppone che il Circolo Megalitico dovesse essere stato eretto alla fine dell’età del rame. Le datazioni vengono fatte in base all’oggetto più antico ritrovato, ma nessuno può dire con certezza che sia dell’età del rame; potrebbe essere molto più antico, per esempio di 10.000 anni fa, o anche di più! Ed osservandolo…

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