Orune: fonte nuragica di “Su Tempiesu”

L’arte eccelsa che rasenta la perfezione, raggiunta nel bronzo medio e recente, dai costruttori nuragici, è pienamente rappresentata nella fonte di “Su Tempiesu” di Orune. Percorrendo le strade della Sardegna non è difficile imbattersi in monumenti simili, costruiti ben prima che altre civiltà, forse più note al grande pubblico, si affacciassero al cospetto dell’umanità.

Su Tempiesu - visione laterale

Oltre alla succitata fonte di “su Tempiesu”, alcune di queste opere dell’ingegno protosardo sono, per esempio: Irru a Nulvi, Niedda e Predio Canopoli a Perfugas, Serra Niedda a Sorso, Monte Ultana a Laerru, Frades Mereos a Ploaghe, Monzu e Burghidu ad Ozieri, Sa Niera a Pattada, Testa ad Olbia, Milis a Golfo Aranci, Santa Anastasia a Sardara, Funtana ‘e Baule a Ittireddu, Cherchizu a Silanus, Coni a Nuragus, Irru a Nulvi e Funtana Coberta a Ballao, Is Pirois a Villaputzu e Matzanni a Vallermosa, su Romanzesu o Poddi Arvu a Bitti, Linnarta o Osana a Orosei, Santa Cristina a Paulilatino, Santa Vittoria a Serri, Su Putzu a Orroli e Tattinu a Nuxis, Gremanu a Fonni e Mudeju o Abbarghente a Romana, Noddule a Nuoro, Puntanarcu a Sedilo, Sa Sedda ‘e Sos Carros a Oliena, Sos Nurattolos ad Alà dei Sardi, Su Lumarzu a Bonorva, Uore a Borore, Erighighine a Aidomaggiore, Merula a Osidda, Li Paladini a Calangianus, Su Presoni o Cuccuddadas a Cardedu, Is Clamoris a Escalaplano, Monte Nuxi a Esterzili, su Lidone o Santa Lulla a Orune, Cuccuru Nuraxi a Settimo San Pietro, Funtana Crobetta a Silius, Mitza Pidighi a Solarussa, Sa Brecca a Tertenia e Abini a Teti, Cubas a Dualchi, Santu Antini a Genoni, su Nottante ad Irgoli … solo per citare alcuni fra i pozzi e le fonti nuragiche presenti in Sardegna.

Anche qui, ad Orune, l’antico popolo sardo dei nuragici ha dato fondo ad ogni energia disponibile per rendere omaggio ed onorare quanto di più prezioso e caro esista al mondo: l’acqua. Ed in ogni fonte, in ciascun pozzo, dal più minuto fino a quello più mastodontico e monumentale era una gara continua a chi riusciva a trovare soluzioni architettoniche ed idrauliche più ardite, innovative ed originali e a sperimentare l’uso di materiali sempre nuovi e i più disparati possibili e, spesso, anche non autoctoni.

Tutta la vita dell’uomo ha sempre ruotato sull’elemento idrico per eccellenza; già nel neolitico, infatti, non a caso, le domus de janas venivano costruite non lontano da una sorgente o da un corso d’acqua … questo elemento si riconferma basilare anche nella scelta del luogo di edificazione dei Nuraghes. Occorre, infatti, considerare che 5.000, 4.000 o 3.000 anni or sono non esistevano certo delle direttrici di comunicazione così come le intendiamo noi oggi; sicuramente c’erano delle rudimentali vie di transito che collegavano il nord ed il sud della Sardegna ma molte zone erano isolate ed era estremamente difficile spostarsi ed ancora più complesso risultava muovere materiali e merci. È chiaro che una comunità insediata in un determinato sito non poteva, per esempio, perdere, ogni giorno, ore ed ore di forza lavoro per approvvigionarsi dell’acqua necessaria per bere, per l’igiene e la vita quotidiana, per i lavacri rituali ed, anche, per la coltivazione delle campagne ed, eventualmente, per l’allevamento del bestiame. L’acqua doveva trovarsi, giocoforza, nelle immediate vicinanze.

E intorno all’acqua nacque, fiorì e si espanse un vero e proprio culto, con una sorta di venerazione religiosa che prevedeva tutta una serie di cerimoniali testimoniati dai ritrovamenti, avvenuti in molti di questi pozzi o fonti, di lucerne votive, statuine sacrificali o propiziatorie, amuleti apotropaici e via dicendo.

Vi erano comunità più grandi, quelle che potevano disporre di maggiori quantità d’acqua (insediate, perlopiù, vicino ai grandi fiumi), e comunità più piccole, che non potevano crescere più di tanto perchè insediate nei pressi di piccole sorgenti che potevano garantire la sopravvivenza ma non lo sviluppo demografico del gruppo sociale. Tuttavia sia nelle grosse che nelle piccole comunità si sviluppava, da subito, l’esigenza del culto del prezioso liquido vitale anche durante gli ormai certi riti ordalici. Ecco, quindi, che accanto a complessi monumentali quali Santa Cristina o Su Tempiesu, ritroviamo anche piccole fonti come Funtana ‘e Baule a Ittireddu o Su Lidone ad Orune, che rappresentano comunque dei capolavori di architettura cultuale preistorica.

Fra tutti questi monumenti innalzati in Sardegna per glorificare l’acqua, su Tempiesu di Orune rappresenta un unicum essendo, finora, la sola testimonianza originale delle strutture in elevato e della copertura delle fonti e dei pozzi sacri nuragici. Nel caso in questione siamo di fronte ad un pozzo sacro, in opera isodoma, edificato con conci di trachite e di basalto, rifiniti alla perfezione e connessi tra loro tramite delle grappe di piombo.

I lastroni utilizzati per realizzare il monumento giungono da lontano, considerato che nella zona in cui il tempio sorge si osserva la presenza, esclusiva, di scisto e di granito.

Su Tempiesu segue le regole classiche dei pozzi nuragici, con un vestibolo, una scala (qui sono presenti 4 gradini) e un pozzetto (dotato di copertura a tholos), che raccoglie l’acqua della sorgente, con vaschetta centrale di decantazione. Molto ingegnose e particolari le soluzioni adoperate per il troppo pieno che viene, tuttora, regolato con delle canalette scavate nella roccia di trachite.

Un’altra cosa che desta particolare stupore riguarda il fatto che la maggior parte di questi monumenti presentano, a distanza di migliaia di anni, la sorgente ancora attiva, ciò a dimostrare una volta di più che i nuragici sapevano il fatto loro .

Chi viene in Sardegna dovrebbe dedicare una mattinata o un pomeriggio per andare a vedere la fonte sacra di Su Tempiesu, un’esperienza coinvolgente che, sicuramente arricchisce le proprie conoscenze e ritempra lo spirito.

Per visitare il sito: Su Tempiesu – Orari biglietteria

Coordinate del Centro servizi dell’area archeologica di Su Tempiesu: 40°24’33″N 9°24’38″E

All Rights Reserved © 2015-2017 – Testo & Foto:    Bruno Sini

Lascia un commento